Tutti ormai sono a conoscenza dell’importanza dell’attività fisica per un ottimale stato di salute, ma solo pochi sono consapevoli dei problemi che derivano dal suo eccesso e del significato del cosiddetto “superallenamento”.
E questo soprattutto perché quest’ultima risulta una sindrome subdola, non semplice da rilevare, ancor di più nello stadio iniziale. Il superallenamento è molto più diffuso tra gli sportivi e atleti dilettanti che tra i professionisti, essendo questi ultimi monitorati costantemente da uno staff di professionisti. Soprattutto in palestra, ma, anche nel running, nel ciclismo ed in tutti gli ambienti sportivi in generale, il motto è che se un po’ di allenamento fa bene, tantissimo allenamento farà molto meglio. Dunque, se due serie di un esercizio saranno efficaci per raggiungere un certo obiettivo, quattro serie daranno il doppio del risultato. E perché limitarsi a due, tre esercizi per gruppo muscolare invece di sei, otto? Un pò come avviene per gli integratori e le proteine, si tende ad aumentare sempre le dosi consigliate.
L’allenamento in questi casi è solo uno stimolo per raggiungere gli obiettivi prefissati ma, affinchè tale stimolo possa trasformarsi in adattamento, è necessario che ci sia un adeguato recupero, distanziando opportunamente le sedute di allenamento e dosandone l’intensità. Azioni che rientrano in un concetto più esteso riguardante lo stile di vita dell’altleta e del semplice sportivo, dove il sonno e l’alimentazione, in particolare, hanno ruoli assolutamente fondamentali.
Il miglioramento della performance, dunque, non è altro che il risultato di un perfetto equilibrio tra allenamento e recupero. Il primo rappresenta per l’organismo uno stress che reagisce mettendo in atto dei meccanismi riparativi e rigenerativi , finendo così per “rafforzarsi”, attraverso un puro meccanismo di difesa.
Se un nuovo stimolo allenante avviene mentre la fase di rigenerazione non è ancora completata, quello che in gergo tecnico viene chiamato supercompensazione, la riparazione non potrà avvenire e si assisterà ad uno squilibrio tra sollecitazione e capacità rigenerativa.
L’attività fisica, soprattutto se intensa, genera nell’organismo una fonte di stress, chiamato positivo perché lo induce a reagire potendo così ottenere i miglioramenti desiderati. Tutto ciò avviene attraverso la sintesi di due ormoni : l’adrenalina e il cortisolo da parte delle ghiandole surrenali ubicate proprio sopra ai reni.
Attraverso questi ormoni, l’organismo riesce a gestire lo stress inducendo una serie di modificazioni su di esso, tali da affrontare i picchi di lavoro nel modo più efficiente, facendolo cioè reagire prontamente.
Tuttavia la secrezione del cortisolo non può essere protratta per un lungo periodo. Appena cessato lo stimolo quest’ultimo dovrà prontamente rientrare nei valori basali, e per questo occorrerà un adeguato riposo, altrimenti risulterebbe dannoso per l’organismo,.
Se allo stress sportivo poi, si aggiunge quello emozionale, quello familiare, quello lavorativo, eccetera, senza un adeguato recupero, i valori di cortisolo rimanendo a lungo alti, genereranno una situazione denominata ipercortisolemia con altrettanti effetti dannosi sull’organismo. Perdita di massa muscolare, accumulo di adipe ventrale, ritenzione idrica, indebolimento del sistema immunitario, aumento del battito cardiaco, sono tutti effetti collaterali dovuti a questo problema . Ció avviene perché il surrene, oltre al cortisolo e all’adrenalina, secerne anche altri ormoni, tra cui steroidi sessuali e mineralcorticoidi, alterando il loro equilibrio.
In una situazione del genere, dunque, anzichè ottenere miglioramenti della perfomance ne avremo un brusco decremento, mettendo a repentaglio anche la salute. Decremento che spesso ci cerca di compensare con un incremento degli allenamenti, peggiorando ovviamente la situazione.
Se non riusciamo o non vogliamo percepire i primi segnali, come possiamo accertare al meglio i sintomi di un superallenamento?
Gli esami del sangue ci possono aiutare a capire che qualcosa non va: i valori del CPK , dell’LDH, delle transaminasi, la creatinina si alzano, il rapporto testosterone – cortisolo sarà alterato. Anche il cuore farà fatica, ci si alzerà al mattino con una frequenza cardiaca a riposo più alta del solito. Il primo sintomo sarà proprio una sensazione di stanchezza, che ci accompagnerà dal risveglio e per tutta la giornata, cosa che ci dovrebbe far riflettere e spingercii ad indagare sulle vere cause.
Se questa situazione poi dovesse protrarsi a lungo, per mesi e mesi, si andrà incontro alla cessazione di secrezione del cortisolo, ossia di ció che in gergo viene chiamato superallenamento, con effetti questa volta molto seri non solo sulla perfomance ma anche sulla salute. Tachicardia, debolezza estrema, prostrazione fisica e mentale, incapacità di portare a termine anche gli allenamenti più semplici con addirittura anche compromissione del sistema immunitario.
Come reagire al superallenamento?
Ovviamente la cosa migliore sarebbe evitare di entrare in uno stato di superallenamento, semplicemente osservando le reazioni del proprio corpo e le condizioni mentali.
In genere uno sportivo esperto riesce abbastanza bene a capire quando arriva alla “zona critica”, se invece però si trovasse già in una condizione di superallenamento, allora bisognerebbe prendere le necessarie contromisure.
È il riposo quello di cui l’organismo avrà bisogno, il corpo e la mente andranno semplicemente rigenerati attraverso l’immediata riduzione, meglio ancora la sospensione totale, dell’attività fisica. Una pausa di 7 – 10 giorni sarebbe la cosa migliore. Durante questo periodo è consigliabile effettuare leggeri esercizi di stretching e/o un blando allenamento aerobico di max 30 minuti come il nuoto, la bici, la corsa o meglio delle semplici passeggiate. Saune, bagni caldi contribuiranno alla ripresa dell’organismo, ma la cosa fondamentale sarà cercare di dormire di più ed alimentarsi in modo corretto.
Il cibo ha infatti un ruolo molto importante: oltre a rispettare i principi generali di una sana e corretta alimentazione, si dovrà apportare la giusta quantità di calorie e di proteine, normocaloricità e e normoproteica sono condizioni essenziali. Diete restrittive,infatti, non farebbero altro che peggiorare questa situazione. Non è dunque questo il momento di mangiare meno in seguito alla cessazione dell’attività: una carenza di cibo indurrebbe una maggiore secrezione di cortisolo, essendo quest’ultimo anche un ormone ipeglicemizzante.
Un consiglio soprattutto alla molteplicità di principianti che in questo periodo stanno incrementando gli allenamenti per completare la preparazione all’Ironman 70.3 di Pescara e che vorrebbero perdere ancora dei chili: ebbene, non è questo il momento di diete restrittive, non lo è mai, ma ora sarebbe devastante, tanto da arrivare al giorno tanto atteso della gara senza energie, se non addirittura con infortuni vari, I risultati si ottengono eliminando i cibi non salutari, ingerendo le giuste quantità di nutrienti e non riducendo le calorie.
Un consiglio anche ai praticanti di palestre, non inducete a “spingere”, ma programmate, oltre ad una corretta alimentazione, anche delle settimane di scarico e vedrete che i vostri risultati saranno decisamente migliori, così come la vostra salute.
Riassumendo, i migliori risultati come sempre non si ottengono allenandosi sempre di più, ma ottenendo il massimo con un minimo allenamento e curando tutti gli aspetti connessi. Concetto poi sempre più valido con il passare degli anni, perchè se a 20 anni è più difficile arrivare ad una situazione di superallenamento, a 50 il “nemico” è dietro l’angolo. Non allenarsi di più, dunque, ma dare più spazio al recupero curando lo stile di vita, proprio perché il cambiamento ormonale che inevitabilmente avviene allunga questo processo.