Giugno 13, 2017

La dieta dimagrante fa “ingrassare” (2° parte)

Continuiamo questa settimana con la seconda parte del tema affrontato qualche giorno fa riguardante i regimi alimentari drastici, spesso adottati all’esordio dell’estate al fine di arginare l’accumulo di chili di troppo durante l’inverno.

Vi siete mai domandati il motivo per il quale ad alcuni cibi, pur se notoriamente dannosi per la nostra salute, non riusciamo a rinunciare?

Bisogna anzitutto sapere che gli alimenti  sono spesso prodotti dalle industrie  in virtù di una nostra dipendenza. In natura, infatti, non esistono cibi che siano così ricchi di zuccheri e grassi contemporaneamente. Una tale proporzione di zuccheri, grassi e sale questa, da attivare alcune aree cerebrali coinvolte nella ricompensa e nel piacere, causa del continuo e spasmodico desiderio del nostro cervello di quegli alimenti, processo assolutamente difficile da interrompere..

Da cavie animali si è appurato addirittura che alcuni alimenti sono in grado di attivare quelle aree della dipendenza in maniera estremamente intensa, spesso superiore ad alcune droghe.

Dobbiamo dunque ripensare al concetto di alimentazione, da concepire non soltanto  come mera scelta di cibi, ma intesa prevalentemente come  una vera e propria filosofia, basata sul principio di alimentazione sana e corretto, laddove la  nutrizione deve prevalere come vero e proprio diritto alla salute ed inserito nell’educazione dei nostri figli sin dai primi anni di vita.

Sostenere una dieta dimagrante solo per brevi periodi, in concomitanza del periodo estivo danneggia il nostro organismo, al contrario di uno stile alimentare quotidiano, che rappresenti un giusto approccio al cibo esclusivamente orientato alla salute e  non semplicemente alla prova costume.

È un concetto  completamente sbagliato, seguire un alimentazione come parte integrante di uno stile di vita sano.

Il cosiddetto “cibo spazzatura”, come accennavo poc’anzi, è in grado di attivare delle reazioni chimiche come  effetto dipendenza ed ha influenza sul nostro organismo sia a breve che a lungo termine.

Nell’immediato, ad esempio, i cibi ad alta densità energetica, ad alto contenuto di carboidrati  con alto indice glicemico, creano un picco di iperglicemia e poi una ipoglicemia reattiva.

Il che significa semplicemente che dopo circa 1 ora dal pasto si avverte di nuovo  fame,   soprattutto di zuccheri.

Ma dove confluirà l’eccesso gli zuccheri ingeriti?

Non avendo  praticato attività fisica, i serbatoi muscolari di glicogeno risultano saturi dunque,  non essendo più in grado di accogliere glucosio, destinano quest’ultimo al tessuto adiposo, dove avverrà la trasformazione in grasso.  La sintesi di tale  processo sarà:  assenza di attività fisica, zuccheri ad alto indice glicemico, iperglicemia, ipoglicemia reattiva, fame, grasso.Questo squilibrio induce inoltre iperproduzione di cortisolo, l’ormone dello stress, che  tenta di correggere l’ipoglicemia utilizzando prezioso tessuto muscolare. Questo perchè  essendo il cortisolo un ormone iperglicemizzante, cerca con la sua azione riparatrice  di produrre  glucosio, azione che però non gli è consentita utilizzando i grassi di deposito.  Questo poiché il nostro fegato non possiede un enzima capace  di trasformare i grassi in glucosio ( questo é il motivo per cui è tanto difficile dimagrire in modo corretto, cioè perdendo grasso)  bensì può riuscirci facilmente trasformando gli aa (composti quaternari formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto).  Tagliando l’azoto, infatti,  si otterrà prontamente glucosio ma,  non essendo presenti riserve di aa,  l’organismo attingerà direttamente dal prezioso tessuto muscolare,  scomponendolo.

Questo porta sì ad una perdita di peso, intesa però come mera massa corporea totale.  La domanda a questo punto è: cosa abbiamo perso?

Secondo questo procedimento, il tessuto adiposo è rimasto più o meno lì,  mentre a mancare é prevalentemente tessuto muscolare. In sostanza da un motore di media o alta cilindrata ci ritroveremo con uno di una utilitaria, essendo il nostro metabolismo basale legato fortemente alla massa muscolare.  Questo é dunque il motivo per cui  non appena si interrompe la dieta, ritornando ad una alimentazione semplicemente normocalorica, si riacquisterà il peso iniziale e, non praticando o non  praticando  correttamente l’attività fisica, ci si ritroverà con più grasso dell’inizio della dieta, oltretutto con la perdita del tessuto muscolare. E se il danno a 20 o 30 riuscirà ad arginarsi,  con adeguato allenamento ed altrettanta fatica, a 40 o 50 sarà molto più difficile che questo accada, fino a diventare impossibile dai 60  in poi, momento in cui si saranno generati danni tali e permanenti da esser destinati, per il mantenimento di un peso accettabile, a rimanere a “dieta” per il resto della vita. E questo a causa di un cambiamento ormonale legato all’età che rende tutto più ardua la costruzione di massa muscolare.

A tal proposito è importante sapere che durante la giornata si incorre in  picchi di cortisolo non solo ingerendo cibo spazzatura, ma anche in presenza di un regime troppo restrittivo. In questo caso il nostro cervello (e non solo) ha costantemente bisogno di glucosio, il cui calo permette l’attivazione del suddetto cortisolo, ormone responsabile,  dello stress e coinvolto perfino nell’insorgenza di patologie.

La conclusione sarà che : 1) si sarà perso prezioso tessuto muscolare e con esso ridotto il MB, 2)  si sarà accentuato il processo infiammatorio, con il rischio di malattie.

Come risposta a questa serie di processi degenerativi, c’è necessità di creare una cosiddetta “calma glicemica” con gli alimenti giusti.

Nel lungo periodo infatti,  i cibi creano una infiammazione che può cronicizzarsi  fino  all’alterazione del microbiota, effetti indiretti che passano spesso inosservati  ma che  lentamente  operano  nel nostro corpo.

Il  cosiddetto cibo spazzatura  può  determinare  addirittura dei danni genetici.

Oggi sappiamo infatti che  la dieta della futura mamma e  del futuro papà sei mesi prima del concepimento avrà un effetto sul bambino, modificandone il DNA da prima del concepimento, secondo un processo chiamato Epigenetica. Gli altri momenti cardine di modifica del DNA sono:  tutta la gravidanza e i primi due anni di vita del bambino, dove già insorgono i primi errori alimentari, soprattutto dovuti alla somministrazione di troppe proteine a bambini piccoli,  tralasciando invece i grassi “buoni”, quelli  cioè naturalmente presenti in natura, quali l’olio di oliva extravergine e i grassi presenti nei latti e nei derivati.

Per concludere

Dovremmo smettere con il calcolo delle calorie, liberarci dalla loro ossessione tornando  ad un’alimentazione  del passato, sana, naturale ed a base di cibi poco industrializzati e  processati.

A tal proposito, uno studio condotto alle Hawaii,  dove peraltro si riscontra un grandissimo problema di obesità, testimonia che in  tutti i paesi del mondo in cui sì è cambiato lo stile alimentare,  sostituendo alimenti processati a quelli naturali, si è assistito ad una perdita consistente di peso ed a un ritorno ad una situazione di normopeso. Tutto ciò mantenendo inalterate le porzioni dei piatti e modificandone  la sola composizione con cibi a bassa densità energetica, come frutta e verdura.

Se pensiamo che dentro 1 kg di verdura ci sono solo  circa 200 Kcal (un cornetto Algida  ne contiene oltre 250), ne dedurremo che potremmo ingerire chili di verdure, saziandoci ed assumendo fibra, che non solo rallenta lo svuotamento dello stomaco inducendo  quella calma glicemica di cui sopra, ma è in grado di operare, insieme alla nostra flora batterica intestinale,  anche quelle modifiche in grado di mantenerci in salute.

Dovremmo dunque liberarci del concetto di cibo come quantità, del calcolo compulsivo delle calorie, senza più bilance, bilancini  ed App conta calorie, utili solo al conteggio quantitativo ma non qualitativo dei nostri cibi, privilegiando verdura, frutta, cereali integrali, frutta  secca oleosa, legumi e la giusta quantità di carne, uova, pesce e formaggi.

Largo invece all’attività fisica, unica pratica utile ad evitare o ridurre la perdita di massa muscolare durante le diete, scegliendo però quella giusta e corretta per i parametri che ci appartengono, ossia età, sesso, caratteristiche fisiche e preparazione. Poiché se per il cibo è importante scegliere, perché non dovrebbe esserlo anche per l’attività fisica?

 

 

 

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